La Reggia di Portici e le sue meraviglie

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Prima ancora che la splendida Reggia di Caserta venisse immaginata e che quella di Capodimonte vedesse la luce, un’altra residenza reale veniva costruita in Campania: la Reggia di Portici.

Simbolo del barocco napoletano e dell’impegno di Carlo III di Borbone nel voler sorprendere le altre potenze europee con dimore sontuose e immerse in panorami naturali di rara bellezza, quella di Portici sarebbe stata successivamente eletta come residenza reale estiva, dove l’aria era particolarmente salubre, ci si poteva distaccare dal caos della città e, in più, la fertilità dei terreni era altissima grazie alle precedenti eruzioni vulcaniche che avevano arricchito di nutrienti il suolo dell’intero territorio.

Tra l’altro, la posizione di quest’imponente edificio era strategica: il re, infatti, era particolarmente interessato alla valorizzazione degli scavi archeologici di Ercolano e, anzi, proprio durante la costruzione dell’edificio porticense, vennero fuori altri reperti che vennero protamente conservati con cura.

La prima pietra

Secondo alcune leggende, l’idea di costruire una dimora reale nella cittadina vesuviana sarebbe arrivata, al re e alla sua consorte, per puro caso, grazie ad un attracco di fortuna nel Molo del Granatello durante una pesca del tonno finita in tempesta; ma sappiamo che, in realtà, questa scelta fu molto più razionale che romantica.

Il progetto planimetrico fu proposto dall’architetto Giovanni Antonio Medrano (ingegnere maggiore del Regno che si era già occupato dell’ampliamento del Palazzo Reale di Napoli e del Teatro San Carlo) ma fu Antonio Canevari, nel 1738 (stesso anno e stesso architetto della Reggia di Capodimonte che, tuttavia, fu terminata molto tempo dopo), a porre la prima pietra, fondendo ed ampliando alcune costruzioni preesistenti. In effetti, a monte di questa grande opera, il re si vide costretto ad acquistare una serie di terreni e ville del celebre “Miglio d’Oro“, tra cui anche proprietà importanti come quella del Principe d’Elbelouf, che garantiva uno sbocco sul mare. D’altro canto, quell’ispirazione non era venuta fuori dal nulla: tantissimi appartenenti alla nobiltà partenopea avevano lì costruito residenze estive proprio per giovare delle caratteristiche di quel luogo incontaminato.

Nulla fu lasciato al caso: addirittura Canevari fece in modo che il “Miglio d’oro” si ritrovasse a passare nell’atrio del palazzo! Inoltre, numerosi artisti furono chiamati a decorare la dimora reale e Vanvitelli venne, invece, convocato per risolvere l’annosa faccenda dell’approvvigionamento idrico.

Ma se, da un lato, l’imponenza dell’edificio incanta i visitatori, dall’altro sono sicuramente i giardini a lasciare senza fiato: all’epoca, questi spazi aperti rappresentavano una vera e propria sfida accesa tra nobili e reali ed erano in tanti a partecipare, per dimostrare di aver costruito quello più bello; sebbene l’impatto più forte lo si avrà soltanto successivamente, con i meravigliosi giardini della Reggia di Caserta, in questa sede si ritrovano, comunque, una serie di spazi, divisi in due metà, dove da un lato ci si volge verso il Vesuvio e, dall’altro, verso il mare. Flora e fauna vennero curate così nel minimo dettaglio (d’altro canto, i Borbone erano famosi per la loro passione per la caccia) che a tutt’oggi, nel giardino superiore, è ospitato un ricchissimo Orto Botanico.

La reggia è visitabile ed è anche stata inclusa in un importante progetto di riqualificazione, sia di alcune opere poste al suo interno che dei giardini.

Sede della Facoltà di Agraria dell’Università di Napoli “Federico II” e di alcuni musei, a passeggiare tra le sue stanze e le sue piante, si possono ancora immaginare gli zoccoli dei cavalli dei nobili e gli splendidi ed eterei vestiti delle donne che l’hanno abitata.

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