Il Parco Regionale dei Monti Picentini: meraviglia dell’Appennino Campano

0

Quando parliamo di Appennini la mente va automaticamente alle distese innevate dell’Italia Settentrionale e Centrale che sorgono in regioni come la Liguria, la Toscana, l’Umbria, l’Abruzzo.

In realtà, il sistema appenninico nostrano attraversa tutto lo stivale ed interessa anche i territori meridionali, da quelli sannitici a quelli campani e, ancora oltre, finanche alla Calabria e alla Sicilia.

In particolare, l’Appennino Campano si estende dalla sella di Vinchiaturo (in provincia di Campobasso, in Molise) fino alla sella di Conza (tra Avellino e Potenza), collegando la valle del Sele al versante adriatico. Ed è proprio in questo intricato ma lineare paesaggio che si disegnano una serie di meraviglie della natura, incastonate come gemme preziose all’interno di una parure di gioielli: tra loro, il Parco Regionale dei Monti Picentini.

L’Ente ed il parco

L’Ente Parco Regionale dei Monti Picentini, come si legge sul sito ufficiale, è l’organismo di gestione del parco, preposto alla tutela istituzionale del patrimonio dei Monti Picentini.

Si tratta di un’area di oltre 62mila ettari considerata protetta dal 1993 (anche se l’Ente è stato istituito ufficialmente solo 10 anni dopo) e che attraversa le province di Avellino e Salerno.

La zona è a carattere calcareo-dolomitica e la vetta più alta è il monte Cervialto (nel comune di Calabritto, 1.810 m), seguito dal monte Terminio (sito a Montella, 1.806 m) e dal monte Polveracchio (1.790 m), da cui prende il nome l’omonima oasi naturale, che fa parte dell’area insieme a quella denominata Valle della Caccia.

Si tratta di uno di quei territori dove escursioni turistiche e avventurose sono all’ordine del giorno per chi ama un rapporto più intimo con la natura selvaggia e le bellezze che la Campania più “interna” è in grado di offrire; è proprio qui, tra l’altro, che oltre ad essere ubicati i fiumi Calore e Sele, è possibile ammirare delle meravigliose cascate che lasciano incantati i visitatori.

In generale, comunque, si suole dividere l’intero parco in due zone, quella pedemontana (incluse le adiacenti valli) e quella delle creste e cuspidi rocciose, che vi si contrappone; in particolare, le montagne del circondario sono tutte interessate da una intensacopertura lavica che si ipotizza sia il risultato di un deposito risalente alle eruzioni del lontano Vesuvio o di quelle più antiche dei Campi Flegrei.

Un po’ di storia

L’appellativo “Picentini” pare risalire ad una dicitura utilizzata in una carta geografica del 1500 conservata nei Musei Vaticani: tutto deriverebbe dalla colonia Picentia, fondata nel 278 a.C. dagli antichi Romani in questi pressi (vicino Pontecagnano, nel salernitano) per deportarvi la popolazione adriatica dei Piceni.

Durante il periodo medievale, la zona delimitava il confine fra i ducati longobardi di Benevento e Salerno: testimonianze a noi pervenute sono i numerosi ruderi di fortini costruiti sulle altrettante numerose cime utilizzate a fini strategici; alcuni sono stati persino riutilizzati dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale.

Nel tempo, siamo arrivati al parco odierno grazie alle tante le attività del Club Alpino Italiano di Salerno e, dal 1995, al suo interno sono anche ubicate ben due sedi Oasi WWF, che arricchiscono l’infinita proposta di itinerari naturalistici, ai quali si sono affiancati anche alcuni percorsi gastronomici.

Lascia una risposta