Il Castello Aragonese di Baia: una fortezza a picco sul mare
Imboccare il tunnel che da Arco Felice porta a Baia, frazione di Bacoli, è una vera e propria esperienza: dopo metri di buio e di calde luci gialle, il sole trafigge di nuovo il parabrezza, il mare appare sulla sinistra e un misterioso maniero si vede dominare il panorama arroccato su un’altura.
Si tratta del meraviglioso Castello Aragonese di Baia, uno dei luoghi iconici del circondario che, insieme al Parco Archeologico delle Terme e al Parco Sommerso, identificano completamente la zona e incuriosiscono migliaia di turisti – oltre che di studiosi e storici – provenienti da tutto il mondo.
Il maestoso edificio ospita anche il Museo Archeologico dei Campi Flegrei e mostre itineranti che si succedono tra le sue immense stanze.
Struttura e storia
Il castello è, ad oggi, visitabile soltanto di mattina (l’ultimo ingresso è previsto alle 13,30), per cui ogni suo angolo, dalle infinite terrazze agli ambienti interni, arriva all’occhio immerso nella luce del giorno: per un edificio che sorge a picco sul mare è tutto; la vista mozzafiato che offre già all’entrata è qualcosa di indimenticabile.
A creare l’atmosfera c’è anche un vero e proprio ponte levatoio – con tanto di catene – ed un percorso che si snoda attraverso stanze, corridoi, opere d’arte e immensi spazi aperti che farebbero il terrore di qualunque agorafobico.
Salire sulla terrazza, ritrovandosi al cospetto delle imponenti statue che lo dominano unendo cielo, terra e panorama, è un’occasione da non lasciarsi sfuggire. Dall’alto di quel castello, passeggiando sul suo tetto, ci si sente per un attimo davvero principi e principesse.
Ma qual è la storia di questo luogo quasi incantato?
Secondo Tacito, su un’altura che dominava il golfo di Baia era ubicata la famosa villa di Cesare, sui cui resti sorgerebbe, oggi, l’attuale castello. In effetti, nel corso del tempo è stato facile individuare alcune strutture del precedente complesso inglobate nell’architettura dell’edificio, saltate fuori da alcune operazioni di restauro.
Il progetto iniziale della struttura che vediamo oggi ha visto porre la sua prima pietra, su commissione degli Aragonesi, nel 1495: pensato a scopo difensivo, si strutturava intorno ai consigli di
Francesco di Giorgio Martini, architetto specializzato in difesa militare, richiesti esplicitamente dal re Alfonso II d’Aragona.
Purtroppo non ci sono pervenute informazioni sulla pianta iniziale, danneggiata sicuramente dalla tremenda eruzione del Monte Nuovo del 1538: fu grazie al viceré spagnolo Pedro Álvarez de Toledo, intenzionato a restaurare tutto sempre in ottica difensiva, che si è arrivati all’attuale sagoma stellata. Seguirono secoli di scontri e guerre, in cui il castello diventò baluardo di spagnoli, austriaci e Borbone, venendo ancora intaccato e fortificato fino ad arrivare al breve periodo della Repubblica Partenopea (1799). Gli inglesi tentarono di espugnarlo ai francesi e ai repubblicani napoletani, ma senza successo: tuttavia, dopo l’Unità d’Italia (1861) arrivò un triste periodo di decadenza, poiché l’assenza di conflitti armati lo privò del suo scopo principale.
La destinazione d’uso, finalmente, cambiò nel 1927, quando lo Stato lo concesse al Reale orfanotrofio militare, autorizzandone anche, di fatto, ulteriori lavori di adattamento e ristrutturazione. Durante la Seconda Guerra Mondiale, poi, fu utilizzato come carcere militare e zona di stazionamento dei prigionieri di guerra. L’orfanotrofio, però, chiuse nel 1975, ma la disponibilità di tanto spazio si rivelò preziosa quando, nel 1980, il terremoto dell’Irpinia lasciò molti campani senza casa.
Una volta andate via le famiglie terremotate, giusto qualche anno dopo, nel 1984, il Castello Aragonese di Baia venne consegnato alla Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta per diventare, finalmente, un museo che raccontasse la storia della nostra terra e dei popoli che l’hanno abitata.
Al suo interno, oggi, è possibile visionare un’infinità di interessantissimi reperti relativi all’area dei Campi Flegrei – inclusi alcuni davvero sorprendenti che rivelano come il culto della dea Iside abbia viaggiato dall’Egitto fino alla Campania grazie ai porti commerciali -, con un’intera sala dedicata al Sacello degli Augustali, un edificio sito a Miseno dedicato ai riti di culto degli imperatori romani, curati – appunto – dai sacerdoti augustali.