Cuma e il mistero dell’Antro della Sibilla

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È impossibile camminare per le strade di Pozzuoli senza inciampare letteralmente nella storia: dal Macellum alle rovine del Tempio di Apollo sul Lago d’Averno all’immensa e strabiliante bellezza del Parco Sommerso di Baia e dell’intero Parco Archeologico dei Campi Flegrei c’è tantissimo da scoprire e un’infinità di siti e reperti da portare ancora alla luce.

Basti pensare al Parco Archeologico di Cuma, dove l’acropoli è visitabile ogni giorno da turisti ed interessati, ma la parte bassa è ancora oggetto di studio e scavi e non si sa quando sarà fruibile definitivamente da parte del grande pubblico.

All’interno di questo sito archeologico, prima di salire verso il Tempio di Giove e quello di Apollo, c’è un luogo mistico che raccoglie gli sguardi estasiati di tutto il mondo, da secoli: è l’Antro della Sibilla, un vero e proprio simbolo dell’archeologia che ha richiamato a sé studiosi e curiosi da ogni angolo del globo. È qui, infatti, che si suppone che la Sibilla Cumana avrebbe rivelato i suoi oracoli ad Enea e che avrebbe finito per dimorare la voce della stessa sacerdotessa, una volta acquisita l’immortalità – ma non l’eterna giovinezza – da Apollo e consuntosi il corpo.

L’Oracolo ha sedotto tantissimi letterati ed artisti, tanto da apparire anche nelle Metamorfosi di Ovidio, nel Paradiso dantesco, in uno scritto di Petronio – peraltro ripreso anche dal poeta statunitense Thomas Stearns Eliot – e in numerosi dipinti, non ultimo quello che lo raffigura all’interno della Cappella Sistina.

La struttura

Una volta entrati all’interno del Parco e seguito il sentiero, è impossibile non notare uno spiazzale, sulla sinistra, che porta proprio all’entrata dell’Antro. Anticipato da un’iscrizione dei versi di Virgilio, rapisce l’attenzione con quel cunicolo buio che, però, riesce a filtrare la luce in un modo assolutamente singolare, grazie alle aperture laterali che corrono lungo tutto il percorso; sul fondo, giunti nella stanza della Sibilla, se lo si desidera ci si può sedere per qualche minuto, ad occhi chiusi, per diventare un tutt’uno con l’atmosfera e provare ad “ascoltare” l’Oracolo. Si tratta di un luogo unico al mondo, che non ha eguali e che colleziona migliaia di anni di storia, mentre si succedono le generazioni umane che lo visitano per cercare risposte alle proprie domande.

Gli archeologi non hanno un’ipotesi univoca e determinata sulla datazione: secondo alcuni risalirebbe al periodo tra il VII ed il VI secolo a.C., mentre altri portano le lancette dell’orologio ancora più indietro, tra il X ed il IV secolo a.C.

Storicamente, come detto, questo luogo è connesso ai racconti dell’Eneide, ma alcuni studiosi sono dell’idea che si tratti di una struttura tutt’altro che mistica: sarebbe stata costruita, infatti, a scopo difensivo-militare. Tuttavia, oggi non la vediamo come doveva essere in origine: sicuramente l’intero Antro ha subito delle modifiche nel tempo (soprattutto in età romana) e, in più, è stato completamente lasciato in stato di abbandono quando Cuma, dopo una lunga epoca di splendore e ferventi attività, cominciò a spopolarsi. L’architettura, infatti, è un mix di epoche e di eventi geologici, con il cunicolo trapezoidale (baluardo antisismico per i greci) che diventa rettangolare verso il basso, a causa dell’abbassamento del piano di calpestio avvenuto durante l’epoca augustea; anche la realizzazione delle fenditure laterali – per permettere il passaggio dell’aria e della luce – si deve ai romani.

Ma c’è di più: la parte iniziale, infatti, è crollata e non ci è, quindi, pervenuta. Alcune aree interne, inoltre, erano usate come cisterne connesse ad un sistema di canalizzazione delle acque piovane che, poi, sono state riadattate a luoghi di sepoltura; sembra, poi, che sul terrazzamento venissero disposte le macchine da guerra. Un sedile di pietra e una piccola sala (probabilmente costruita successivamente) con 3 nicchie chiudono il cunicolo, lasciando i visitatori pieni di domande, di stupore… e forse anche di risposte.

Se oggi possiamo ammirare le meraviglie di questo luogo sospeso nel tempo, va ricordato, è solo grazie al fatto che venne riportato alla luce, nel 1932, grazie all’archeologo nostrano Amedeo Maiuri.

Sicuramente uno degli angoli di questa Terra da visitare almeno una volta nella vita.

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